Resistere insieme per esistere
Come asserisce Piero Bertolini (2002) “un autentico educatore non può che essere ottimista […]. Se un educatore è ottimista è portato ad aiutare il bambino a essere anche lui ottimista, cioè a essere orientato verso un modo di vivere che lo veda attivo, consapevole di poter intervenire nella realtà per trasformarla, per trasformarla in qualcosa di migliore”.
Il Covid-19 ci ha ricordato quanto siamo fragili, che il presente in questo momento costituisce una minaccia e che il futuro non è ancora pervenuto. Ci muoviamo nel mare mosso dell’incertezza, schiacciati in questo eterno presente che ci rende insicuri e spaventati.
Ma, come asserisce Zygmunt Bauman, nel suo testo Modernità Liquida, dobbiamo “trasformare l’imprevisto in un divertimento” e soprattutto dobbiamo insegnare ai nostri studenti e ai nostri figli, come mutare gli imprevisti in coraggio.
La scuola e la famiglia, ancora di più in questi tempi, devono educare giovani esploratori coraggiosi (S. Rossi, 2018), ragazzi che sappiano rialzarsi dalle cadute, che sappiano accettare le proprie fragilità, che sappiano, cioè, essere resilienti.
Il termine resilienza (dal latino resilio, tornare indietro, rimbalzare) appartiene alla terminologia della fisica dei materiali e definisce la capacità di un corpo di resistere a un urto, assorbendo energia cinetica senza distruggersi.
Diverse ricerche hanno dimostrato come fattori di rischio, quali situazioni problematiche, traumatiche o catastrofi naturali, generino aspetti e conseguenze disfunzionali nell’individuo e nella società ma allo stesso tempo, testimoniano di come l’individuo o la comunità sappiano superare gli effetti dannosi delle avversità (Grotberg 1995), non solo attraverso un’attitudine alla resistenza ma anche attraverso la ricostruzione di un percorso di vita nuovo che non rimuove le ferite e le sofferenze ma le utilizza come basi, dalle quali ripartire.
Gli individui resilienti accettano il diritto alle lacrime ma scelgono di non affogare in esse, sanno di non essere onnipotenti ma di potere riorganizzazione positivamente la propria vita anche a dispetto di esperienze critiche, che di per sé, avrebbero potuto sfociare in esiti negativi.
La scuola come comunità si trova a porsi la domanda su come sostenere e superare la situazione drammatica che si sta vivendo, cosa fare per rialzarsi e ricostruirsi e soprattutto come promuovere la competenza della resilienza che, anche se silente, è un aspetto costitutivo della natura umana.
La resilienza è un insieme di capacità che si possono sviluppare dal momento che si costituiscono per tutto l’arco della vita grazie all’incrocio virtuoso di fattori individuali, familiari, ambientali.
Può essere considerata come il prodotto dell’interconnessioni di differenti ambienti ecosistemici, di macro e micro-relazioni, di credenze, di valori, di stili relazionali, presenti nelle differenti società ed epoche.
Pertanto, ogni intervento educativo che miri allo sviluppo di competenze di resilienza e promuova il cambiamento deve tener conto di tutti i livelli di relazione del bambino, del genitore e dell’ambiente prossimale, lavorando sull’analisi dell’esistente -all’interno dell’esistente- al fine di far diventare questo movimento, un cambiamento.
Come asserisce Piero Bertolini (2002) “un autentico educatore non può che essere ottimista […]. Se un educatore è ottimista è portato ad aiutare il bambino a essere anche lui ottimista, cioè a essere orientato verso un modo di vivere che lo veda attivo, consapevole di poter intervenire nella realtà per trasformarla, per trasformarla in qualcosa di migliore”.
Il processo per l’acquisizione di capacità di resilienza non può avvenire nel vuoto sociale, in quanto, per tenersi lontano dal pessimismo, dalla fatalità, e per ricostruire modelli di interazioni positivi, è necessario avere relazioni efficaci, rassicuranti e mani tese.
Il concetto di resilienza è legato a quello di accettazione delle proprie fragilità e imperfezioni ed è collegato con la creatività e la causatività.
La causatività è la consapevolezza che ognuno sia artefice del proprio destino e regista della propria vita e che questo richiede coraggio, responsabilità, senso del dovere e forza di volontà.
La creatività può essere definita la capacità della mente di creare nuove possibilità, di cercare nuovi orizzonti, di connettersi alle proprie emozioni, dando loro un nome.
Il genitore o l’insegnante resiliente è colui che allena queste capacità, che offre stimoli per farlo, che dona ascolto, tempo e regole. È colui che crede nelle capacità dei propri figli o allievi e permette loro di svilupparle.
È arrivato il momento di essere resilienti perché per esistere bisogna resistere ma questo è possibile solo se lo facciamo insieme.