Riapertura delle scuole: un’analisi delle misure dei principali paesi europei
A livello internazionale, nei Paesi membri dell’Unione europea, è emersa con forza l’urgenza di intervenire sulla "perdita di apprendimento", adottando nella gestione delle riaperture delle scuole, in mancanza di una linea strategica comune, misure diversificate e provvedimenti autonomi.
Le misure adottate, a livello nazionale e internazionale, per bloccare l’espansione della pandemia hanno avuto un grave impatto sulla vita dei bambini, degli adolescenti e delle loro famiglie, facendo aumentare in maniera esponenziale la povertà economica e educativa.
In questi mesi di chiusura, gli insegnanti e i dirigenti scolastici, nonché gli attori della comunità educante hanno cercato di dare continuità all’educazione e all’apprendimento delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, attraverso l’utilizzo delle tecnologie e della didattica a distanza. Ma chiaramente questi sforzi più attribuibili alla Didattica dell’Emergenza che alla Didattica a Distanza non sono riusciti a sostituire l’azione educativa in presenza, fondata sulla relazione, sull’accoglienza e sull’esserci, che è necessario riprendere, con le dovute misure di sicurezza, il prima possibile.
Così come sottolinea l’interessante ricerca di Save the Children, il mancato accesso alla formazione e alle attività educative rischia di tradursi, per gli adolescenti e i bambini che vivono nei contesti più svantaggiati, non solo nella perdita di occasioni fondamentali di apprendimento ma anche nella perdita di motivazione, di interesse nei confronti della formazione. Tutto ciò potrebbe provocare un consistente aumento della dispersione scolastica e del numero dei ragazzi fuori dai circuiti educativi e lavorativi (NEET, Neither in Employment nor in Education or Training).
A livello internazionale, nei Paesi membri dell’Unione europea, è emersa con forza l’urgenza di intervenire sulla perdita di apprendimento, adottando nella gestione delle riaperture delle scuole, in mancanza di una linea strategica comune, misure diversificate e provvedimenti autonomi.
Il monitoraggio e mappatura dei contesti educativi europei effettuati dalla rete Eurydice può essere interessante per avere un quadro di esperienze e provvedimenti introdotti a livello europeo, soprattutto alla luce del recente documento stilato dal comitato tecnico-scientifico italiano.
La Danimarca
La Danimarca investe 6,5% del proprio PIL nell’educazione a fronte del 3,8% italiano e gli studenti danesi vanno a scuola per almeno 200 giorni l’anno.
Tutte le scuole sono state chiuse fino all’11 maggio 2020. Con la riapertura, le scuole hanno modulato la giornata scolastica su due turni, in piccoli gruppi di 5 bambini che arrivano a 10 per i più grandi, con lo stesso docente per gruppo.
Le lezioni sono svolte in palestre, tensostrutture mobili, strutture pubbliche, parchi.
Sono previste linee guida specifiche per l’igienizzazione di strutture, e misure sanitarie per alunni e docenti.
La Finlandia
Il governo finlandese investe il 5,7% del proprio PIL nelle spese per l’educazione, e l’anno scolastico dura 188 giorni.
Nella scuola primaria ogni docente ha una classe tra i 13 e i 14 alunni. La Finlandia da fine marzo fino al 13 maggio ha previsto restrizioni e distanziamento sociale anche per il settore scolastico ma ha tenuto, tuttavia, aperti i servizi educativi per la prima infanzia, prestando maggiore attenzione alle famiglie particolarmente vulnerabili.
Le scuole hanno garantito assistenza a chi rimaneva indietro e supporto ai genitori che non riuscivano a seguire i bambini e le bambine nella didattica a distanza.
La Germania
La Germania investe il 4,1% del PIL nell’educazione, e gli studenti tedeschi vanno a scuola per almeno 185 giorni. Nella scuola dell’infanzia ciascun docente ha tra i 7 e gli 8 alunni, nella primaria ogni insegnante ha una classe di circa 13 alunni, mentre in quella secondaria tra i 15 e i 16 studenti.
Anche in Germania dal 16 marzo sono state chiuse le scuole, riaperte poi il 4 maggio, dando la precedenza agli studenti in procinto di affrontare gli esami per il passaggio al ciclo successivo.
È lasciata all’autonomia dei 16 Länder decidere sia le modalità di riapertura che la gestione organizzativa in termini di didattica a distanza. Viene prestata grande attenzione alle fasce deboli della popolazione.
Il Belgio
Il Belgio destina il 6,3% del PIL all’educazione e le giornate scolastiche sono circa 185.
Nella scuola primaria ogni docente ha una classe di circa 13 alunni, mentre in quella secondaria tra i 9 e i 10 studenti. Le scuole sono state chiuse fino al 18 maggio quando le lezioni sono riprese a titolo di “prova”. Non sono tornati a scuola tutti gli studenti; la priorità è stata data agli studenti degli ultimi anni di ciascun ciclo scolastico che hanno gli esami e agli alunni con bisogni speciali. Il ritorno è stato previsto a piccoli gruppi e a turni.
I servizi dell’infanzia 0-3 anni sono stati riaperti con una serie di indicazioni specifiche da seguire sia per i genitori che per gli insegnanti.
La Spagna
La Spagna investe sull’educazione 4% del PIL e i giorni di scuola sono 175.
Nella scuola dell’infanzia ogni docente ha circa 13 studenti, in quella primaria tra i 13 e i 14 e in quella secondaria circa 11. Le scuole non riapriranno fino a settembre e si sta proseguendo con la didattica a distanza. Ancora non ci sono indicazioni specifiche ma per settembre si prevede un sistema di istruzione mista, in cui gli studenti frequenteranno le lezioni a turni alternati, integrati con la didattica a distanza.
La Francia
La Francia prevede una percentuale del proprio PIL destinato all’educazione pari al 5,4% e i giorni di scuola sono oscillano tra i 160 e i 180.
Nella scuola della prima infanzia ogni docente ha tra i 22 e i 23 alunni, in quella primaria tra i 19 e i 20, mentre in quella secondaria tra i 12 e i 13.
Dall’11 maggio sono tornati tra banchi di scuola gli alunni dell’asilo nido, delle scuole dell’infanzia e primarie e dal 18 maggio hanno riaperto le scuole secondarie di primo grado. Diverse scuole, poco dopo la riapertura, sono state richiuse per casi di Covid-19, a una settimana dalla fine del lockdown. Secondo Radio Europe 1, i casi hanno riguardato in maggioranza professori, direttori e personale amministrativo ma questo non ha messo in discussione la volontà di Parigi di andare avanti con la riapertura progressiva delle scuole.
Il rientro a scuola è volontario e per chi non andrà a scuola l’apprendimento sarà disponibile da casa, con un’istruzione a distanza.
È stata data priorità ai bambini con genitori che non possono lavorare da casa, nuclei monoparentali, bambini in tutela. Gli educatori devono indossare la mascherina.
L’Italia
L’Italia destina il 3,8% del proprio PIL all’educazione a fronte di un 6,3 del governo belga o del 4,1 del governo tedesco e i giorni di scuola sono 200 circa. Nelle scuole dell’infanzia ogni docente ha da un minimo di 18 ad un massimo di 26 alunni per classe, nella scuola primaria tra 15 e 26 alunni, nella scuola secondaria di primo grado tra 18 e 27 alunni e nella scuola secondaria di secondo grado tra i 27 e i 30 studenti.
Le scuole sono state chiuse il 5 marzo e riapriranno a settembre e si sta proseguendo con la Didattica a Distanza.
Come già precedentemente accennato, il comitato tecnico-scientifico ha appena redatto un documento con una serie di misure per il rientro a settembre tra cui misure di igiene, prevenzione, distanziamento e uso degli spazi esterni. Trovandoci di fronte ad una sfida educativa senza precedenti diventa necessario dare voce a tutti i soggetti presenti nel contesto scolastico, dagli insegnanti, al personale educativo, dagli studenti e alle famiglie.
È arrivato il momento di investire realmente sulla scuola perché alla luce del monitoraggio presentato, l’Italia, rispetto a molti paesi membri dell’Unione Europea, investe ancora troppo poco sull’istruzione.